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Sentenza

An e quantum assegno divorzile: la prova ricade sul coniuge che lo richiede
An e quantum assegno divorzile: la prova ricade sul coniuge che lo richiede
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 14-10-2021) 20-12-2021, n. 40791
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria - Presidente -

Dott. MARULLI Marco - Consigliere -

Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -

Dott. CAIAZZO Rosario - rel. Consigliere -

Dott. SCALIA Laura - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16401/2018 proposto da:Oggetto D.D.A., elettivamente domiciliato in Roma, in Piazza San Bernardo n. 101, presso lo studio dell'avvocato Abbinente Annunziata, rappresentato e difeso dall'avvocato Amatucci Antonio, con procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

S.P., elett.te domiciliata presso l'avvocato Grattacaso Giovanni, dal quale è rappres. e difesa, con procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1126/2017 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, pubblicata il 20/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/10/2021 dal Cons. rel., Dott. CAIAZZO ROSARIO.
Svolgimento del processo

CHE:

Il Tribunale di Salerno pronunciò la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra D.D.A. e S.P., liquidando l'assegno divorzile di Euro 350,00 mensile a favore dell'ex-moglie. Il D.D. appellò la sentenza chiedendo la revoca del suddetto assegno, e nel rilevare che quest'ultimo era da intendersi sostituito dall'accordo tra le parti stipulato in sede di separazione, che contemplava un assegno unico di Euro 30000,00, lamentava l'erronea motivazione relativa all'affermata impossibilità dell'ex-moglie di procurarsi lavoro, e alla disparità di redditi.

Con sentenza del 20.11.17, la Corte territoriale, in parziale accoglimento dell'appello, determinò l'assegno divorzile mensile a favore di S.P. nella somma di Euro 250,00, osservando che: preliminarmente, l'accordo tra le parti, in ordine all'obbligo dell'ex-marito di versare all'ex-moglie la somma di Euro 30000,00, in sostituzione dell'assegno di mantenimento in sede di separazione, non era stato recepito dalla sentenza di separazione e, pertanto, non era stato considerato idoneo a tutelare la S. e, di conseguenza, non spiegava alcuna efficacia nel giudizio di divorzio; era da confermare l'attualità del diritto al mantenimento, in quanto l'ex-moglie aveva dimostrato uno stato di salute precario, in quanto affetta da deficit visivo, incidente sull'astratta idoneità al lavoro; tuttavia, poichè l'appellata non aveva ottemperato pienamente all'onere probatorio relativo all'assoluto impedimento di procurarsi e svolgere attività lavorativa, sussistevano i presupposti della riduzione dell'importo dell'assegno divorzile.

D.D.A. ricorre in cassazione con tre motivi. S.P. resiste con controricorso.
Motivi della decisione

CHE:

Il primo motivo - declinato in due capitoli - denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte d'appello omesso di esaminare la questione eccepita relativa all'accordo tra le parti in virtù del quale la ex-moglie aveva ricevuto la somma di Euro 30000,00, configurabile quale fatto estintivo del diritto al mantenimento per il venir meno della funzione assistenziale dell'assegno divorzile.

Al riguardo, il ricorrente lamenta altresì che la Corte territoriale: non ha revocato l'assegno, riducendone solo l'importo, pur avendo rilevato il mancato assolvimento dell'onere della prova da parte della S. circa la mancanza di autosufficienza economica; di aver omesso di considerare, quale fatto decisivo, estintivo del diritto all'assegno, che l'ex-moglie aveva intrapreso una stabile relazione coniugale con terzo.

Il secondo motivo - parimenti declinato in due capitoli- denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, non avendo la Corte di merito applicato correttamente i principi relativi alla natura ed alla funzione dell'assegno divorzile, in ordine alla conservazione del tenore di vita goduto durante il matrimonio, secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai prevalente.

Il terzo motivo denunzia violazione dell'art. 112 c.p.c., per aver la Corte d'appello ridotto l'importo dell'assegno in mancanza di una specifica domanda.

Il primo motivo è inammissibile, poichè diretto al riesame del merito in ordine alla questione dell'accordo patrimoniale tra coniugi intervenuto in sede di separazione, ovvero a prospettarne un'inammissibile diversa interpretazione. Invero, è stato affermato che, qualora in sede di separazione personale i coniugi, nel definire i rapporti patrimoniali già tra loro pendenti e le conseguenti eventuali ragioni di debito-credito vantate da ciascuno, abbiano pattuito anche la corresponsione di un assegno da versarsi dall'uno in favore dell'altro "vita natural durante", il giudice del divorzio, chiamato a decidere sull'an del richiesto assegno divorzile, dovrà preliminarmente provvedere alla qualificazione della natura dell'accordo intervenuto tra le parti, precisando se la rendita costituita (e la sua causa aleatoria sottostante) "in occasione" della crisi familiare sia estranea alla disciplina inderogabile dei rapporti patrimoniali tra coniugi in materia familiare, perchè giustificata da altra causa, e quindi verificare se debba essere riconosciuto il diverso diritto all'assegno divorzile, che può trovare fondamento soltanto in ragione della crisi familiare (Cass., n. 11012/21).

Ora, sul suddetto accordo, la Corte di merito ha fornito un'interpretazione relativa alla sua ininfluenza sui rapporti economico-patrimoniali successivi, che è incensurabile in questa sede.

Il motivo appare altresì inammissibile nella parte in cui tende a conseguire un diverso esame dei fatti circa la prova dell'inettitudine al lavoro della S., che la Corte territoriale ha confermato, seppure abbia ritenuto che l'onere probatorio non sia stato assolto in maniera assoluta. A prescindere dal rilievo che la contraddittorietà di motivazione non è più declinabile quale vizio di legittimità, non appare però dubbio che il giudice di secondo grado abbia inteso confermare che la controricorrente abbia provato la sua incapacità al lavoro per ragioni di salute. E' invece priva di autosufficienza la parte del motivo relativa all'asserita nuova relazione coniugale formata dall'ex-moglie, in quanto non allega quando e come abbia introdotto tale questione che si configura, dunque, nuova.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto diretto al riesame dei fatti inerenti al diritto all'assegno, attraverso una generica doglianza inerente alla natura ed alla funzione dello stesso (peraltro, il ricorrente non ha dedotto altre questioni, a parte quella suddetta della sufficienza economica raggiunta dall'ex-moglie).

Il terzo motivo è infondato. La critica di ultrapetizione non ha pregio atteso che, a fronte della domanda di revoca dell'assegno, la Corte territoriale ne ha ridotto l'importo.

Invero, è pacifico che sia configurabile un vizio di ultrapetizione unicamente nel caso in cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto. Nel caso concreto, non si configura tale fattispecie in quanto la pronuncia di riduzione è logicamente inclusa nelle possibilità decisionali insite nella domanda di revoca dell'assegno divorzile.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 1700,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2021
Avv. Antonino Sugamele

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