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Sentenza

Separazione personale. Non è addebitabile la separazione quando la convivenza è meramente formale
Separazione personale. Non è addebitabile la separazione quando la convivenza è meramente formale
Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 13/10/2022) 08-11-2022, n. 32837

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria - Presidente -

Dott. PARISE Clotilde - Consigliere -

Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -

Dott. CONTI Roberto Giovanni - Consigliere -

Dott. D'ORAZIO Luigi - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. r.g. 8247/2020 proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dall'Avv. Simona Siotto, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliati presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

- ricorrente -

contro

B.B., rappresentata e difesa, giusta procura speciale, dall'Avv. Giuliano Pavan, e dall'Avv. Massimo Ranieri, elettivamente domiciliati in Roma, via dei 3 orologi, n. 10/E, presso lo studio dell'Avv. Massimo Ranieri;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Venezia n. 5323/2019, depositata in data 26 novembre 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/10/2022 dal Consigliere Dott. Luigi D'Orazio.
Svolgimento del processo

CHE:

1. La Corte d'appello di Venezia, per quel che ancora qui rileva, ha accolto parzialmente il gravame proposto da B.B. nei confronti di A.A. avverso la sentenza del Tribunale di Venezia che aveva addebitato a lei la responsabilità della separazione coniugale tra i coniugi. In particolare, la Corte territoriale, dopo aver ammesso ed espletato la prova per interpello e testi articolata dalla resistente in merito alle ragioni della separazione, non ammessa dal giudice di prime cure in quanto irrilevante, e dopo aver disposto indagini della Guardia di Finanza sui redditi dei coniugi, ha accertato la sussistenza della relazione extraconiugale tra B.B. e C.C., ma ha ritenuto che tale relazione non era stata la causa della frattura tra i coniugi, ma soltanto l'effetto di un rapporto coniugale "ormai usurato e privo di qualsivoglia solidarietà e complicità", sicchè "l'infedeltà della moglie costitui(va) certamente un indicatore, ma non l'origine". L'assegno di mantenimento in favore della moglie è stato stabilito in Euro 700,00 mensili, mentre quello in favore delle figlie è stato fissato in Euro 400,00 mensili per ciascuna, avendo accertato la Corte d'appello che il A.A. percepiva un reddito mensile di Euro 1491,00, avendo revocato nel 2017 la propria iscrizione alla professionale degli avvocati, ed avendo avuto altre due figlie successivamente da altra relazione.

2. Avverso tale sentenza proposto ricorso per cassazione A.A., depositando anche memoria scritta.

3. Ha resistito con controricorso B.B., depositando anche memoria scritta.
Motivi della decisione

CHE:

1. Con il primo motivo di impugnazione (rubricato sub A, a pagina 3 del ricorso) il ricorrente deduce la "nullità della sentenza di secondo grado ex art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4", in quanto il Presidente della sezione della Corte d'appello che aveva emesso la sentenza impugnata, si era occupato del contenzioso nel giudizio di prime cure, come da verbali di causa prodotti, con conseguente nullità della sentenza del tribunale.

1.1. Il motivo è infondato.

1.2. Invero, a prescindere dalla circostanza che il Presidente della sezione di Corte d'appello che ha pronunciato la sentenza impugnata, non ha partecipato al collegio che ha pronunciato la sentenza di separazione, come risulta dai verbali di causa prodotti dalla controricorrente, deve sottolinearsi che, per giurisprudenza costante di legittimità, il giudice che abbia partecipato soltanto alla attività istruttoria nel corso del giudizio di primo grado, senza poi prender parte alla decisione della causa, non ha alcuna incompatibilità a comporre il collegio giudicante in secondo grado e non è, pertanto, gravato dal dovere di astensione ex art. 51 c.p.c., n. 4, dovendosi la conoscenza della causa come magistrato in altro grado di giudizio riferire alla partecipazione alla decisione di merito e non ad atti istruttori nel giudizio di prime cure (Cass., sez. 2, 21 settembre 2021, n. 25487; Cass., sez. 2, 18 novembre 2016, n. 23520). Nè il ricorrente ha proposto istanza di ricusazione nei confronti del collegio giudicante prime cure (Cass., sez. 6-2, 15 dicembre 2011, n. 26976; Cass., sez. 2, 28 gennaio 2019, n. 2270).

2. Con il secondo motivo di impugnazione (rubricato sub A2, a pagina 5 del ricorso) il ricorrente lamenta la "violazione del diritto di difesa del convenuto-nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 101 c.p.c.". Nel giudizio di appello, la Corte aveva assegnato il termine di soli 7 giorni per consentire la costituzione in giudizio dell'appellato, essendo stata fissata l'udienza per l'11 febbraio 2019, sicchè il termine di 10 giorni prima dell'udienza era scaduto il 1 febbraio 2019, avendo il convenuto avuto a disposizione solo 7 giorni, di cui 2 festivi per la costituzione in giudizio. Il resistente aveva eccepito la violazione del proprio diritto di difesa. Inoltre, all'udienza del 4 novembre 2019 il difensore aveva chiesto la concessione di un termine "difensivo finale" che, però, non gli era stato concesso.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Si è chiarito che nel rito camerale tra la data di notificazione del ricorso e del decreto e quella dell'udienza di comparizione non devono intercorrere i termini di comparizione fissati dall'art. 163 bis c.p.c., essendo il principio del contraddittorio rispettato, in appello, nel rito camerale, per il solo fatto che il ricorso introduttivo sia portato a conoscenza della controparte, e sia assicurata da entrambe le parti la possibilità di partecipare al processo e di far valere le loro ragioni mediante organizzazione di una tempestiva difesa tecnica (Cass., sez. 1, 19 febbraio 2000, n. 1916, con riferimento all'appello avverso la sentenza dichiarativa dello scioglimento degli effetti civili del matrimonio; Cass., sez. 1, 20 gennaio 2006, n. 1179, con riferimento all'appello incidentale avverso le sentenze di divorzio di separazione personale).

2.3. Inoltre, si è ulteriormente precisato che, nei procedimenti di natura contenziosa che si svolgono con il rito camerale, deve essere assicurato il diritto di difesa e, quindi, realizzato il principio del contraddittorio; tuttavia, trattandosi di procedimenti caratterizzati da particolare celerità e semplicità di forme, ad essi non sono applicabili le disposizioni propria del processo di cognizione ordinaria e, segnatamente, quelle di cui all'art. 189 (rimessione al collegio) e 190 (comparse conclusionali e memorie) c.p.c. (Cass., sez. 1, 12 gennaio 2007, n. 565; Cass., sez. 6-1, 10 novembre 2021, n. 33175; Cass., sez. 6-1, 30 dicembre 2015,n. 26200).

3. Con il terzo motivo di impugnazione (rubricato sub A3 a pagina 7 del ricorso) il ricorrente si duole della "mancata pronuncia in ordine all'eccezione di inammissibilità dell'appello-nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 112 c.p.c.". La Corte d'appello, avrebbe omesso di esaminare l'eccezione del resistente in ordine alla inammissibilità del gravame per assenza di specificità ex art. 342 c.p.c..

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. Infatti, la Corte d'appello ha esaminato il merito della controversia, riformando in parte la sentenza di prime cure, sicchè è evidente che ha superato l'eccezione di assenza di specificità dei motivi di gravame sollevata da resistente.

Non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo - nella specie, la S.C. ha ravvisato il rigetto implicito dell'eccezione di inammissibilità dell'appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame (Cass., sez. 5, 6 dicembre 2017, n. 29191).

4. Con il quarto motivo di impugnazione (rubricato sub B, a pagina 10 del ricorso) il ricorrente deduce la "errata ammissione delle prove orali articolate da controparte-nullità della sentenza di secondo grado per vizio di travisamento della prova-nullità per motivazione insufficiente, incongrua e contraddittoria". Il Tribunale di Vicenza aveva reputato le istanze istruttorie irrilevanti e superflue, richiamando le due consulenze tecniche d'ufficio elaborate nel corso del giudizio di prime cure. La Corte d'appello, invece, ha ammesso le richieste istruttorie formulate dall'appellante nel giudizio di prime cure e ribadite in appello, circa l'efficienza causale della relazione extraconiugale in ordine alla rottura del rapporto tra i coniugi. Tale ammissione non sarebbe stata in alcun modo motivata. Il difensore dell'appellato, all'udienza del 15 luglio 2020, aveva osservato che le circostanze di fatto sulle quali i testi avrebbero dovuto riferire coincidevano "con analoghe testimonianze assunte in altro procedimento civile" (n. 199/2012) svoltosi dinanzi al tribunale di Vicenza. La Corte d'appello, quindi, avrebbe ammesso a testimoniare persone già più volte sentite, tanto in sede di CTU, quanto nell'altro giudizio civile.

4.1. Il motivo è infondato.

4.2. Il ricorrente non ha riprodotto il contenuto, neppure per stralcio, dell'ordinanza di ammissione delle prove articolate dall'appellante nel primo grado di giudizio e reiterate nel gravame, sicchè non consente a questa Corte di valutare il vizio di motivazione dedotto in relazione a tale ordinanza, dovendosi tenere conto che ai sensi dell'art. 134 c.p.c., l'ordinanza è solo "succintamente motivata".

4.3. Inoltre, il ricorrente non ha neppure trascritto l'eccezione di inammissibilità dell'assunzione della prova testimoniale asseritamente sollevata all'udienza del 15 luglio 2020, "osservando come i testi citati e le circostanze di fatto coincidessero con analoghe testimonianze assunte in altro procedimento, rubricato sub. 199/2012 tribunale di Vicenza".

4.4. Peraltro, la circostanza che il Tribunale di Vicenza avesse disposto la rimessione della causa sul ruolo per la produzione, ad opera della parte che vi avesse interesse, dai verbali o degli atti dei procedimenti paralleli pendenti dinanzi allo stesso, non escludeva in alcun modo l'ammissione delle prove per interrogatorio e testi articolate dall'appellante.

In realtà, nel corso del giudizio di separazione in prime cure, in sede di espletamento delle due consulenze tecniche d'ufficio, si era proceduto all'audizione delle figlie della coppia; allo stesso modo, negli altri giudizi civili paralleli erano stati escussi altri testi.

Tuttavia, è rimessa alla prudente valutazione del giudice riconoscere il valore di indizi, aventi la stessa efficacia probatoria delle presunzioni, a prove testimoniali raccolte in altro giudizio, anche tra parti diverse, e ritualmente addotte (Cass., sez. 2, 18 settembre 2000, n. 12288; Cass., sez. L, 8 giugno 2005, n. 11946). Pertanto, la Corte d'appello ben poteva ammettere i capitoli di prova testimoniale e per interpello articolati dalla B.B. nel giudizio di prime cure e reiterati nell'atto di appello, anche se agli atti erano presenti le dichiarazioni testimoniali relative ad atti procedimenti civili tra le stesse parti, aventi queste ultime solo valore indiziario, e non potendo precludere certo l'assunzione di prove.

5. Con il quinto motivo di impugnazione (rubricato sub B1, a pagina 13 del ricorso) il ricorrente lamenta "l'erronea ammissione delle prove testimoniali attore, senza aver ammesso in controprova parte convenuta-violazione degli artt. 115, 116 e 183 c.p.c., artt. 245, 246 e 247 c.p.c.". Il Tribunale di Venezia aveva rigettato le istanze istruttorie da entrambe le parti, in quanto irrilevanti e superflue, e i difensori avevano articolato prove dirette, prove contrarie ed avevano formulato istanza per essere ammessi in controprova. Il tribunale, quindi, non aveva preso posizione in ordine all'ammissione della prova contraria, incorrendo in una omessa pronuncia. Tale erronea pronuncia avrebbe dovuto imporre alla Corte d'appello, "nella denegata ipotesi di ammissione delle prove orali dirette richieste da una delle parti, di ammettere l'altra a prova contraria". Al contrario, la Corte territoriale ha ammesso solo le prove dirette di parte attore, senza tenere conto della "posizione di parte convenuta".

5.1. Il motivo è infondato.

5.2. Invero, una volta che il Tribunale di Venezia aveva rigettato le richieste istruttorie di entrambe le parti, quindi sia la richiesta di prova testimoniale diretta, sia la richiesta di prova contraria, solo la B.B. ha impugnato la sentenza di prime cure reiterando la propria richiesta di ammissione della prova testimoniale per interpello, mentre l'appellato non ha formulato alcuna richiesta istruttoria nella comparsa di costituzione in appello.

Si è, infatti, affermato che, in sede di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente intenda lamentare la mancata ammissione da parte del giudice di appello della prova testimoniale - non ammessa in primo grado perchè superflua e riproposta in secondo grado - deve dimostrare, a pena di inammissibilità, di aver ribadito la richiesta istruttoria in sede di precisazione delle conclusioni davanti al giudice di appello (Cass. sez. 3, 13 settembre 2019, n. 22883).

Pertanto, nella comparsa di costituzione in appello, l'appellato avrebbe dovuto chiedere l'ammissione della prova contraria, in caso di ritenuta ammissibilità della prova articolata dalla appellante. In un caso speculare, questa Corte ha ritenuto che correttamente la Corte d'appello, una volta ammessa la prova dedotta dalla moglie in primo grado ed erroneamente esclusa dal tribunale, ha dichiarato inammissibile la prova contraria tardivamente richiesta e articolata in quella sede dal marito, ostandovi il principio della unicità e non frazionabilità della prova, nè essendo configurabile un potere-dovere della Corte di disporre d'ufficio mezzi istruttori, non essendo consentito di derogare alle regole generali sull'onere della prova al di fuori dei casi in cui, come nell'ipotesi di provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo alla loro mantenimento previste dall'art. 155 c.c., comma 7, tale intervento sia giustificato da finalità di ordine pubblicistico (Cass., sez. 1, 28 settembre 2001, n. 12136).

6. Con il sesto motivo di impugnazione (rubricato sub lettera C a pagina 14 del ricorso) il ricorrente deduce la "violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e art. 366 c.p.c.". La Corte d'appello, infatti, avrebbe consentito la sostituzione di un testimone deceduto (il padre del ricorrente) con altro teste (la figlia dei coniugi, maggiorenne, D.D.), determinandosi una vera e propria nullità della sentenza "per travisamento della prova".

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Per questa Corte l'assunzione di testi che non siano stati preventivamente e specificamente indicati può essere consentita solamente nei casi previsti dall'art. 257 c.p.c., con una enunciazione che deve ritenersi tassativa, dal momento che l'obbligo della rituale indicazione è inderogabile e la preclusione ex art. 244 c.p.c., ha il suo fondamento nel sistema del vigente codice e si inquadra nel principio, espresso dal successivo art. 245 c.p.c., secondo il quale il giudice provvede sull'ammissibilità delle prove proposte e sui testi da escutere con una valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte le parti hanno sottoposto al suo esame. Di conseguenza, la parte non può pretendere di sostituire i testi deceduti prima dell'assunzione con altri che non siano stati da essa stessa indicati nei modi e nei termini di cui all'art. 244 c.p.c. (Cass., sez. 2, 29 marzo 2019, n. 8929; Cass., sez. 2, 5 aprile 1993, n. 4071; Cass., sez. 1, 29 maggio 1992, n. 6515; Cass., sez. 1, 18 maggio 1967, n. 1050).

6.3. Tuttavia, il ricorrente non ha provveduto ad eccepire la nullità della deposizione testimoniale, subito dopo l'espletamento della stessa ex art. 157 c.p.c., trattandosi di nullità relativa (Cass., sez. 3, 13 giugno 2022, n. 18971; Cass., sez. 3, 6 maggio 2020, n. 8528, in caso di eccezione di incapacità deporre), derivando dalla violazione di formalità stabilite non per ragioni di ordine pubblico, bensì nell'esclusivo interesse delle parti (Cass., sez. 3, 12 aprile 2016, n. 7110; Cass., sez. 3, 10 ottobre 2014, n. 21395).

Infatti, qualora, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta l'omessa motivazione del giudice d'appello sull'eccezione di nullità della prova testimoniale, il ricorrente ha l'onere, anche in virtù dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare che detta eccezione è stata sollevata tempestivamente ai sensi dell'art. 157 c.p.c., comma 2, subito dopo l'assunzione della prova e, se disattesa, riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello ex art. 346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale la relativa eccezione e pertanto sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo (Cass., sez. 2, 23 novembre 2016, n. 23896).

7. Con il settimo motivo di impugnazione (rubricato sub D a pagina 30 del ricorso) deduce la "violazione del principio di valutazione delle prove-violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.". La Corte d'appello avrebbe dovuto analizzare le prove testimoniali complessivamente ed in relazione alle altre risultanze istruttorie. A fronte dell'adulterio, era onere della moglie dimostrare che il contesto familiare era già disgregato. In realtà, vari elementi deponevano in senso contrario, in quanto pochi mesi prima del tradimento alla B.B. era stata intestata la metà della casa coniugale, sicchè sussisteva ancora un forte legame affettivo e di fiducia reciproca, come pure unione familiare.

7.1. Il motivo è inammissibile.

7.1. Invero, la deduzione della violazione dell'art. 116 c.p.c. è ammissibile ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonchè, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ne consegue l'inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi del n. 3 dell'art. 360 c.p.c. (Cass., sez. L, 19 giugno 2014, n. 13960).

Inoltre, deve evidenziarsi che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass., sez. 3, 12 ottobre 2017, n. 23940).

7.2. Costituisce, poi, principio consolidato di legittimità quello per cui grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell'infedeltà nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata infedeltà (Cass., sez. 1, 14 febbraio 2012, n. 2059; Cass., sez. 1, 19 febbraio 2018, n. 3923; Cass., sez. 1, 20 agosto 2014, n. 18074). Pertanto, la dichiarazione di addebito della separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza; quindi, in caso di mancato raggiungimento della prova in relazione al fatto che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito (Cass., sez. 1, 20 dicembre 2021, n. 40795; Cass., sez. 1, 11 giugno 2005, n. 12383); si esclude, dunque, l'addebito della separazione nel caso in cui sia assente il nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente forma (Cass., sez. 1, 7 dicembre 2007, n. 25618).

7.3. La Corte territoriale, con ampia ed articolata motivazione, ha ritenuto che il rapporto coniugale fosse già estremamente compromesso prima dell'inizio della relazione extraconiugale da parte della moglie (avvenuta nel 2011), e quindi già dal 2008. In particolare, la figlia della coppia, Alessia, nata il 2001, ha ricordato molteplici litigi tra i coniugi, con offese da parte del padre nei confronti della moglie, che evitava di reagire, mentre il padre imponeva le figlie di assistere alle discussioni. L'atteggiamento prevaricatore del marito è stato confermato anche da E.E., amica dell'appellante, come pure da F.F., che ha narrato di un episodio accaduto al 2008. Allo stesso modo i genitori dell'appellante hanno riferito nel 2009 la figlia li aveva invitati a casa per festeggiare, a sorpresa, il compleanno dell'appellato, il quale, anzichè apprezzare l'iniziativa, se n'era dimostrato contrariato e aveva lasciato la compagnia, andando in camera da letto e rifiutando di partecipare al pranzo.

7.4. Il ricorrente pretende una nuova valutazione delle deposizioni testimoniali, già effettuata in modo congruo ed analitico, dalla Corte d'appello. Non può che farsi applicazione dei principi giurisprudenziali di questa Corte, per cui sono riservate al giudice del merito l'interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell'attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E', pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il "peso probatorio" di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass., sez. 2, 8 agosto 2019, n. 21187; Cass., sez. L, 27 luglio 2017, n. 18665). Il giudice, quindi, ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti e disattendendo implicitamente tutti i rilievi le circostanze logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., sez. 2, 8 maggio 2017, n. 11176; Cass., sez. L, 21 giugno 2010, n. 17097).

8. Con l'ottavo motivo di impugnazione (rubricato sub E a pagina 36 del ricorso) il ricorrente lamenta "l'erroneo aggiornamento della situazione finanziaria delle parti". La Corte d'appello non ha tenuto conto del mutamento sostanziale della condizione reddituale del marito, mutata negli ultimi anni. Avendo cessato l'attività di avvocato, con cancellazione dall'albo nei primi mesi del 2017, il ricorrente lavora per un'attività stagionale all'estero. Inoltre, nel frattempo il ricorrente ha ricostituito il proprio nucleo familiare, avendo avuto altri due figli. Non si è minimamente tenuto conto di tale diversa situazione reddituale familiare.

8.1. Il motivo è inammissibile.

8.2. La doglianza è articolata senza alcuna menzione nè delle norme di legge violate, e neppure dei parametri di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1.

Inoltre, emerge dalla motivazione della sentenza della Corte d'appello che si è tenuto conto sia del mutamento della condizione economica del ricorrente, sia del nuovo nucleo familiare costituito allo stesso ("dall'ultima dichiarazione prodotta, relativa all'anno di imposta 2013, risulta un reddito mensile netto di Euro 1491,00; egli ha ora altre 2 figlie (...)").

9. Con il nono motivo di impugnazione il ricorrente deduce la "erronea valutazione sotto il profilo dell'attribuzione del contributo al mantenimento in favore della signora B.B.". Il contributo al mantenimento della moglie nella misura di Euro 700,00 mensili sarebbe "non solo (...) punitivo, ingiustificato ed arbitrario, ma costitui(rebbe) una beffa sotto il profilo umano". Peraltro, la B.B. lavora ed è autonoma finanziariamente; la stessa risulterebbe convivere stabilmente con un'altra persona.

9.1. Il motivo è inammissibile.

9.2. Anche in questo caso, il ricorrente non indica le norme di legge violate, e neppure indica i profili di legittimità di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1.

La circostanza della convivenza stabile con altra persona viene allegata per la prima volta solo in questa sede ed il motivo non è dedotto come omesso esame di fatto decisivo e controverso tra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

10. Le spese del giudizio di legittimità, in ragione della soccombenza, vanno poste a carico del ricorrente si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre Iva e cpa, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15%.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2022
Avv. Antonino Sugamele

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